Chapter 1: Happy Valentine's Day

Iniziamo! N.B. non aprite altri thread, ripondete a questo!

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  1. Æthelfrid
     
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    Chiedo anticipatamente scusa perchè, per cause di forza maggiore, ho già infranto una regola. Il protagonista della mia storia è Aidan O’Byrne, ma mi sono accorto troppo tardi che questo si capisce solo più avanti. Il problema è che ho dovuto spezzare la storia in due o sarebbe stata davvero troppo lunga da leggere in un solo fiato e concedetemi la non-voglia di riscrivere tutto da capo xD ho messo delle citazioni sui personaggi e gli eventi più importanti, dove trovate la Wiki in inglese è perchè la versione italiana era scarna o inesistente! enjoy


    La stanza era in penombra, oscurata dalle pesanti persiane accostate e dai fumi di diversi sigari e pipe che si amalgamavano in bizzarri cerchi cinerei prima di creare una spessa nebbia che aleggiava a mezz’aria. Quasi tutte le sedie erano riposte capovolte sui grossi tavoli che riempivano il locale, ad accezione di quelle occupate dai quattro uomini presenti, e la porta recava appeso un cartello recante la scritta “chiuso”, nonostante fossero solo le quattro del pomeriggio. Jakob “Jack of all trade” Murphy era il proprietario e gestore dell’omonimo locale, un uomo robusto, alto, più verso i cinquanta che i quaranta nonostante il suo aspetto giovanile, la barba ben curata e i capelli lunghi lo facessero sembrare ancora poco più che trentenne. Puliva nervosamente il bancone, tra una boccata di pipa e l’altra, con un vecchio straccio ormai consunto mentre lanciava occhiate inquiete ora alla porta, ora alla carabina che teneva su un ripiano ad altezza ginocchia, non visibile ai clienti più molesti. Gli altri tre uomini sedevano silenziosi con un misto di preoccupazione, paura e rassegnazione dipinto sul volto. Il frangente era grave e bisognava prendere delle decisioni alla svelta, ma decisione non ci si poteva aspettare da uomini che erano quotidianamente abituati ad obbedire a quelle di qualcuno di rango più alto rispetto a loro. Solo uno aveva uno sguardo risoluto e grave, tipico di chi ha ormai capito che la situazione è irrecuperabile e la soluzione peggiore è l’unica disponibile. Aidan “Andrew” O’Byrne ripercorse mentalmente gli avvenimenti che avevano sconvolto la mattinata a Lincoln Park. Ecco i fatti come li avrebbero riportati i principali giornali entro l’edizione della sera:
    “Oggi 14-02-1929, approssimativamente alle 11.50 del mattino, sette uomini di quella che è conosciuta come la Noth Side Gang capeggiata da George "Bugs" Moran, detto l’irlandese, sono stati trovati morti in un garage al 2122 di North Clark Street, uccisi a colpi di mitragliatore Thompson. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni che hanno assistito increduli alla scena, due ufficiali di polizia e due agenti in borghese avrebbero fatto irruzione nella rimessa armati e obbligato gli uomini di Moran ad allinearsi al muro, procedura standard durante le retate di polizia, per poi freddarli a sangue freddo alle spalle. Dalle prime indagini risulta che i malviventi sarebbero stati colpiti da più di cinquanta colpi ciascuno, ma nonostante questo uno di loro, Frank Gusenberg, sarebbe incredibilmente sopravvissuto alla carneficina. A dispetto dei quattordici proiettili che i medici sono riusciti a rimuovere dal corpo di Gusenberg egli, quando interrogato sull’identità degli aggressori, rispose “Nessuno mi ha sparato”. Gusenberg è deceduto in mattinata. Le prime ipotesi vertono in direzione di un regolamento di conti tra poliziotti corrotti ed i malavitosi. Di George “bugs” Moran non si ha più alcuna notizia.
    Seguono i nomi delle vittime:

    Peter Gusenberg e Frank Gusenberg, fratelli e tirapiedi addetti al controllo dei confini del territorio della banda
    Albert Kachellek (alias "James Clark"), braccio destro di Moran
    Adam Heyer, contabile e gestore degli affari di Moran
    Reinhardt Schwimmer
    Albert Weinshank, la cui rassomiglianza a Moran, anche nel vestiario, potrebbe averlo fatto scambiare per quest’ultimo.
    John May meccanico occasionale per gli affiliati alla banda di Moran.”



    Improvvisamente Jakob prese la carabina da dietro il bancone e disse <c’è del movimento per strada>. I tre uomini seduti si destarono come da un lungo torpore e si alzarono, due controllarono la porta principale e l'altro sbirciò dalle finestre. <calmati Jack, è solo qualche strillone che comincia ad attirare l’attenzione> disse Robert O’Malley, il più anziano del gruppo. Faceva parte della banda da parecchi anni e la sua esperienza gli permetteva di capire la gravità della situazione con un semplice colpo d’occhio. <la notizia si sta diffondendo alla svelta. Questo potrebbe darci un leggero vantaggio: se quello che dice il polacco è vero entro stasera l’intera Chicago Outfit dovrà rintanarsi e tenere bassa la testa per un po’> aggiunse rimettendosi a sedere. <ti dico che l’ho visto con questi miei occhi qui! Era Mo il Castigamatti, te lo dico io, mica un poliziotto> rispose un individuo nerboruto che fissava con gli occhi sbarrati fuori da una delle finestre del pub, spiando dalle fessure delle persiane. Adrian Kowalski, detto il polacco, era il buttafuori del Black Rose Garden un locale che serviva da copertura per un bordello e bisca clandestina. Era famoso per la brutalità con cui trattava i clienti che non rispettavano le regole imposte da Mike Harrison, gestore del locale, e per la sagacia delle sue battute. Una sera un avventore, risentito per il trattamento riservatogli da Adrian, gli spaccò una mazza da baseball di legno sulla fronte. Del poveretto non si seppe più nulla, ma le battute del polacco non furono più le stesse… oltre ad ritrovarsi con le capacità cognitive di un dodicenne. Kowalski doveva trovarsi con gli altri al garage quella mattina, ma per sua fortuna si era svegliato tardi ed era arrivato giusto in tempo per vedere i killer allontanarsi dal luogo della strage. <se così fosse, non possiamo aspettare oltre> disse Andrew <c’è la possibilità che qualcun altro abbia riconosciuto Sam Giancana, e da lui a Capone il passo è breve. In questo caso entro un’ora al massimo l’intero corpo di polizia comincerà a sfondare le porte di ogni bordello, bisca o locale che sia sotto il controllo della malavita di Chicago, in cerca degli uomini di Capone e di chiunque fosse coinvolto e io non voglio essere quello che darà loro il benvenuto quando sfonderanno questa> Grugnò infastidito. <la Chicago Outfit terrà gli occhi aperti aspettando di trovare il resto di noi impreparato, dato che hanno spazzato via metà della nostra catena di comando, mentre la polizia interrogherà ogni farabutto da qua fin giù ai Five Points> fece una pausa, tirando una boccata dal quel che rimaneva del sigaro che stava fumando. Osservò attentamente gli uomini presenti nella stanza, scrutando i loro volti alla ricerca di un segno di cedimento, ma non ne trovò. Estrasse il revolver che teneva nella fondina sotto il braccio sinistro facendo ruotare lentamente il tamburo, in modo da controllare che fosse completamente carico ed aggiunse <non so voi gentiluomini, ma io credo che la soluzione migliore sia darsela a gambe… e alla svelta! Bugs è sparito, metà dei nostri si trova isolato e senza possibilità di comunicare. Teniamo la testa bassa, usiamo il vecchio passaggio sotto la casa di McDonell e raggiungiamo la rimessa su, a Barber street. Prendiamo la prima auto che ci capita a tiro ed entro stasera saremo già lontani. Se qualcuno ci crea problemi, lo riempiamo di piombo> L’idea dovette sembrare alquanto sensata perché tutti furono d’accordo, a parte Jakob che decise di restare: il pub era frutto degli sforzi di una vita e piuttosto che abbandonarlo, soprattutto agli uomini dell’Outift, gli avrebbe dato fuoco e vi sarebbe morto dentro. Gli altri tre si prepararono in fretta e lo salutarono augurandogli buona fortuna. O’Malley camminava in testa al terzetto, stando qualche passo più avanti degli altri due, in modo da poter controllare la strada in anticipo. Il numero di poliziotti in giro per le strade era fastidiosamente aumentato e dovettero deviare un paio di volte per evitare altrettanti posti di blocco, ma nel complesso non incontrarono problemi lungo il tragitto. Raggiunto il 278 di West Side Avenue i tre si fermarono e Andrew bussò più volte alla porta dei McDonell, senza ottenere risposta. Non erano affiliati alla banda, ma collaboravano per ottenere protezione, in oltre sotto casa loro passava un tunnel di cui pochi erano a conoscenza che collegava i principali magazzini di stoccaggio del whiskey di contrabbando. O’Malley fece segno degli altri due di seguirlo e si spostarono sul retro dell’edificio, dove una grossa porta di legno chiusa con un lucchetto bloccava l’accesso alle cantine. Senza perdere troppo tempo in convenevoli Kowalski assestò un poderoso calcio proprio al centro della tavola di legno. Ci fu un sonoro schianto accompagnato da rumore di legno spezzato, ma la porta resistette. Ci vollero ancora un paio di tentativi e qualche imprecazione prima che il legno di faggio, ormai consunto dal tempo e dalle intemperie, cedesse. Subito un forte odore di muffa e umido pervase l’aria. Andrew sorrise e scese velocemente le scale, ritrovandosi in uno stretto corridoio completamente al buio. Estrasse un fiammifero dalla scatola che teneva in tasca e accese una lampada ad olio che era appositamente appesa al muro umido e cominciò a camminare <spero che nessuno di voi abbia paura del buio> ridacchiò, poi i tre si avviarono silenziosamente lungo il cunicolo.
     
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  2. Orionenero
     
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    z= (H0*D)c...
    allucinante pensò Asher.
    Si trovava disteso sul suo letto, era la mattina del 14 Febbraio 1929, nella sua città: Chicago, nella sua stanza al 2122 di North Clark Street sopra uno squallido garage che serviva da copertura per Dio sa quali attività.
    Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, e come avrebbe potuto? Si sentiva sprofondare in un enorme vortice cosmico.
    Asher era un giovane ebreo, studente di astronomia all'università. Fu un suo caro amico che gli spedì una copia degli appunti del professor Hubble.
    "Leggili attentamente," gli scrisse "Si tratta di una autentica rivoluzione, è incredibile, stupendo. Ne sono stato divorato".
    Mai termine fu più appropriato! Era un periodo cupo per il suo popolo, gli echi di quello che stava accadendo in Germania ed in Italia erano giunti fino agli Stati Uniti e Asher, da sempre un giovane molto sensibile, poteva percepire la situazione mutare attorno a lui. Attimo dopo attimo provava la sensazione che qualcosa stesse mutando. Fissò ancora una volta i libri sparsi per tutta la stanza. Li aveva sfogliati, letti e riletti con foga, poi con inquietudine ed infine preso dal terrore più puro.
    Hubble aveva ragione: l'universo si stava espandendo!
    Aveva scovato quasi per caso gli scritti di quel romanziere sconosciuto ai più. Un americano disperato e delirante che abitava probabilmente dalle parti di Providence e rispondeva al nome di Howard Phillips Lovecraft.
    Asher amava la letteratura gotica: Baudelaire, Stoker e Poe, ma quel Lovecraft! No Quel Lovecraft aveva qualche cosa che non andava. Non parevano romanzi ma piuttosto deliri della mente di un folle, visionari e agghiaccianti. La sera precedente nella biblioteca dell'università aveva letto gli esiti della ricerca di Hubble ed il sangue era divenuto cherosene, poi ghiaccio. Era corso a casa sua e dopo essersi barricato dentro aveva iniziato a cercare tra i racconti di quello scrittore.
    "...poi cadde un buio che non era di questo mondo ma solo del vuoto e freddo spazio tra le stelle"
    Quello spazio andava sempre crescendo, l'universo andava allargandosi e tutto andava allontanandosi e mutando. Le stelle, le luci, i pianeti, tutto andava perdendosi nel nulla!
    Era immobile sul suo letto, non aveva dormito. Come potevano le persone essere felici di tale scoperta? Come poteva tutto continuare a scorrere normalmente? L'universo che voleva studiare gli appariva ora solo come una enorme pozza di inchiostro ribollente. Un enorme gorgo in cui tutto precipitava per comprimersi ed al tempo stesso dilatarsi, e perdersi in se stesso spegnendo ogni luce. La luce, la stessa luce che filtrava dalle tende era tremenda, sembrava affievolirsi ad ogni respiro, ad ogni battito di ciglia.
    "Ecco cosa ha visto quel Lovecraft: la verità delle cose! Non era folle ma lo era divenuto quando aveva compreso tutto ciò!. "O Mio Dio" pensò Asher. "Questo..." Non finì neppure di pensarlo. Si alzò, prese da terra uno di quei maledetti librì, trovò e lesse tremante...
    "Le scienze, ognuna tesa nella propria direzione, finora non ci hanno nuociuto gran che; ma un giorno, il confluire di frammenti di conoscenza dissociati schiuderà panorami della realtà talmente terrificanti che o impazziremo per la rivelazione, o fuggiremo dalla sua luce mortale, cercando rifugio nella pace e nella sicurezza di nuovi secoli bui."
    "Quest'uomo è un demone alla pari di tutti quelli da lui descritti nei suoi racconti". Si gettò a terra e pregò pregò Iddio altissimo che scacciasse questo demonio dalla sua mente per non farlo affogare nella follia. Prese un libro intitolato Il richiamo di Chtulu e lo scagliò con forza verso il muro mandando in frantumi lo specchio, volume cadde aperto su una pagina.
    Asher lesse..."Penso che la cosa più misericordiosa al mondo sia l'incapacità della mente umana di mettere in relazione i suoi molti contenuti. Viviamo su una placida isola d'ignoranza in mezzo a neri mari d'infinito, e non era previsto che ce ne spingessimo troppo lontano."
    Gli occhi divennero vitrei. "Indietro demonio!" Urlò. "Indietro! guai a te!"
    Era quasi mezzogiorno. Decise di uscire, doveva uscire e prendere aria ad ogni costo o sarebbe impazzito.
    Si alzò e prese la sua giacca.
    Se la mise e si avviò verso la porta.
    La aprì e si spostò sul piccolo pianerottolo.
    Chinò il capo e fece un respiro.
    In quel momento sentì una raffica di mitra fendere l'aria. Urla, strepiti e scalpicci provenire dal garage sottostante, poi una nuova raffica, lunga, sorda tremenda. Asher si voltò istintivamente verso le scale. apparve un uomo dalla porta che dava al garage, alla fine della rampa. Lo vide, si videro. Impermeabile, cappello a tesa larga e Thompson a 50 colpi in mano: un mafioso, era un attacco di mafia o un regolamento di conti e lui aveva visto il volto di uno dei sicari. Si girò di scatto e riaprì la porta per rientrare nella sua stanza, mentre l'uomo salì le scale di corsa urlando spalancò la porta e si gettò nella stanza, ma non riuscì a chiuderla. Ascher cadde, l'uomo entrò e gli puntò il mitra in pieno petto. Poteva vedere il volto risoluto dell'uomo, nessuna cattiveria, solo una conseguenza semplice e logica come una formula matematica: hai visto quindi muori. Asher tentò di alzarsi per afferrare la mano al gangster e deviare l'arma ma non ci fu nulla da fare.
    l'uomo sparò colpendolo in pieno petto. Un dolore lancinante lo pervase ma non urlò, non riuscì ad emettere alcun suono. La mente lo tormentava più della carne, sarebbe morto così?
    "Maledizione" pensò "No non voglio morire non..." "Non urlai, ma tutti i demoni della notte che cavalcano i venti della follia urlarono per me e in quell'attimo mi piombarono addosso i ricordi, non più confusi ma anzi così vividi da schiantare l'anima." Solo quella frase gli giunse alla mente: un altro passo di quel libro maledetto opera di quel folle. Asher provò a raccomandare l'anima a Dio. Sì, Dio lo avrebbe salvato, lo avrebbe protetto da quel demonio e lo avrebbe liberato. Si ricordò il salmo 23 "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del Suo nome." Si sentiva libero, nulla lo avrebbe ferito, la sua anima sarebbe stata salva. Si afflosciò raspando il pavimento con un braccio quand'ecco un nuovo dolore: un dolore alla mano turbò il dolce pensiero che lo aveva pervaso. Roteò gli occhi e vide una scheggia dello specchio infranto piantata nelsuo palmo
    "Riconobbi l'abominio che ghignava davanti a me, mentre allontanavo le dita dalle sue ho allungato le dita e ho sfiorato la fredda e dura superficie di uno specchio." Di nuovo lui pensò pervaso dal terrore...
    poi, poi cadde un buio che non era di questo mondo ma solo del vuoto e freddo spazio tra le stelle

    Edited by Orionenero - 23/8/2013, 08:56
     
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  3. Æthelfrid
     
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    Ci volle almeno mezz’ora prima che il gruppo riaffiorasse dal complicato intreccio di cunicoli sotterranei: avevano percorso un miglio abbondante circondati da una fitta oscurità accompagnata da odore di stantio e whisky, un paio di cunicoli erano inagibili e dovettero fermarsi diverse volte per controllare che il percorso fosse quello corretto. Fortunatamente non fu difficile individuare quale tunnel portasse sotto al garage di Barber Street e ancora più fortunatamente scoprirono che qualcuno vi stava lavorando all’interno: questa volta la porta di frassino era molto più solida della precedente e non sarebbero riusciti a sfondarla senza perdere tempo prezioso. Francis Lasarre e suo fratello Jason stavano sistemando il motore di un vecchio furgone, erano arrivati alla rimessa la mattina presto ed erano ancora all’oscuro di quanto successo a North Clark Street. Mentre O’Malley li ragguagliava sull’accaduto, Andrew e Polanski prepararono una delle auto di scorta della banda, una Ford nuova di zecca, normalmente usata dai ranghi più alti dell’organizzazione per spostarsi in incognito. Appena si furono riforniti di scorte di carburante e munizioni sufficienti, i tre si cambiarono d’abito, vestendosi da meccanici, e si avviarono verso Nord. Andrew guidava, la sua abituale mansione di autista per le rapine gli permetteva di intuire dove sarebbero stati posizionati probabilmente i posti di blocco, O’Malley sedeva nervoso al posto del passeggero, ma in caso di necessità era pronto a sfoderare sangue freddo e una parlantina che avrebbe convinto anche il più sospettoso dei poliziotti, mentre il polacco occupava entrambi i sedili posteriori, pronto ad allungare un braccio fuori dal finestrino ed afferrare chiunque avesse creato troppi problemi. < La situazione sembra tranquilla > disse dopo qualche minuto Andrew < Non vedo posti di blocco o particolare movimento per le strade, ma aspetta a cantar vittoria ragazzo> rispose O’Malley accendendosi un sigaro per allentare i nervi < L’importante è non dare nell’occhio e mantenere la calma e sopratutt… Oh che schianto di bambola sta passando! E anche l’amica non è per nulla male > si interruppe improvvisamente. Due ragazze elegantemente vestite e di bell’aspetto stavano attraversando proprio in quel momento davanti alla macchina dei tre fuggitivi, cosa che obbligò, si fa per dire, Andrew a rallentare per farle passare, mentre Polanski si sporgeva dal finestrino per vedere meglio. O’Malley seguì le ragazze con lo sguardo fino dall’altra parte della strada, dove si creava un’intersezione tra Fisher Street e la 89esima Avenue, quando qualcosa attirò la sua attenzione: una macchina era posteggiata dalla parte opposta dell’incrocio rispetto a loro, una Rickenbacker nera, tre uomini erano seduti all’interno e uno stava fumando in piedi appoggiato alla portiera posteriore aperta. A quanto parte le ragazze avevano attirato attenzione dei passeggeri di entrambe le auto che ora si fissavano attoniti. < Ma quello in piedi, che fuma, non è Mike Genna? > chiese O’Malley, sorpreso < Appunto > rispose Andrew prima di accelerare di colpo, provocando uno stridio acuto e riempiendo l’abitacolo con l’odore di gomma bruciata. La replica dell’altra automobile non si fece aspettare: l’autista partì così velocemente che il povero Mike cadde di faccia sull’asfalto, con la sigaretta ancora tra i denti. Le due auto procedettero perfettamente perpendicolari più veloce che poterono e solo un colpo di fortuna gli permise di non schiantarsi: la macchina dei Genna urtò leggermente il posteriore dell’altra macchina, provocandone un leggero sbandamento, ma Andrew riuscì a tenerla in strada senza problemi. < Cosa ci fanno quei cani bastardi nel nostro territorio! > imprecò mentre effettuava una brusca svolta su una via secondaria. < Probabilmente ci sarà una taglia su ogni membro della North Side. È da tempo che i Genna aspirano a mettere le mani sul nostro territorio, aspettavano solo un pretesto > rispose O’Malley estraendo il Thompson da sotto il sedile < Polanski, tutto bene li dietro? > aggiunse, ma il polacco era già voltato di spalle intento a sparare agli inseguitori con la sua pistola. Per un paio di isolati Andrew riuscì a percorrere vie e vicoli secondari, in modo che gli inseguitori non avessero sufficiente spazio per affiancarli, ma ad un certo punto dovette svoltare su un grande viale per evitare una bancarella che gli sbarrava la strada. I Genna non davano segno di voler cedere nell’inseguimento: il loro autista sterzava e zizagava all’impazzata per evitare scariche di proiettili e automobili, mentre i due passeggeri sparavano senza tregua, incuranti di chi ci fosse sulla linea di tiro. < Ragazzo, vuoi tenere ferma questa bagnarola? > gridò O’Malley mentre cercava di prendere la mira < Preferisci che ci schiantiamo, vecchio?! Spara alle gomme, alle gomme! > fu la risposta secca che ricevette. < Così non va, ci vengono vicino! > li interruppe Adrian che faticava a far uscire testa e braccio contemporaneamente dal finestrino <questo lo vedo anche io > disse O’Malley ritraendosi per ricaricare il mitragliatore. Proprio in quel momento gli inseguitori trovarono un varco tra le automobili e riuscirono ad affiancarsi lungo il lato destro:lo scagnozzo dei Genna seduto sul lato dal passeggero esplose due colpi di fucile che trapassarono la porta, ferendo O’Malley mentre, per tutta risposta, Polanski crivellò di colpi il sedile dell’autista: sangue e cervella esplosero sul parabrezza rotto e la macchina cominciò lentamente a decelerare. Preso dal panico il passeggero col fucile afferrò il volante e speronò l’auto dei tre tanto forte che qualcosa nelle lamiere delle due carrozzerie rimase incastrato. Andrew si rese subito conto della gravità della situazione: la seconda macchina stava facendo da zavorra e il motore non avrebbe retto tutto quel peso a lungo senza rompersi ofondersi, in più gli altri passeggeri erano ancora vivi e, soprattutto, armati. Decise quindi di tentare una manovra folle, nel peggiore dei casi sarebbero morti comunque. In quella che sembrò una frazione di secondo interminabile sterzò con quanta forza aveva in corpo verso sinistra: con uno stridio insopportabile di ruote e lamiere piegate le due automobili si spostarono nelle corsia opposta, la Ford salì sul marciapiede mentre la Rickenbacker si ritrovò a viaggiare contromano, schiantandosi frontalmente con una altra macchina che stava sopraggiungendo. L’impatto fu impressionante, volarono pezzi di carrozzeria in ogni direzione, la macchina degli inseguitori si arrestò quasi istantaneamente mentre la Ford continuò la sua corsa cosa che le produsse un enorme squarcio sulla fiancata destra: Polanski venne sbalzato fuori, mentre Andrew e O’Malley fecero due testacoda andando infine a schiantarsi contro alcune macchine parcheggiate.
    All’inizio si sentiva solo li sfrigolio dei motori surriscaldati che si erano rotti all’impatto violento e, per qualche attimo, ci fu una quiete innaturale: le persone erano come ipnotizzate, ferme immobili dove si trovavano un secondo prima dell’incidente. Piano, si udirono dei gemiti, poi una richiesta d’aiuto ed infine le persone accorsero in strada. Andrew spinse ciò che rimaneva della portiera piegata che con un leggerò cigolio si aprì, prima di staccarsi dai cardini e cadere a terra. Scese barcollando dall’auto, l’impatto era stato violentissimo: la Ford giaceva sventrata con le ruote anteriori sul marciapiede e quelle posteriori sul cofano di un auto parcheggiata, mentre la Rickenbacker era accartocciata contro un'altra automobile altrettanto malridotta. Il manto stradale era ricoperto di pezzi di vetro, plastica e metallo, mentre una grossa chiazza d’olio si stava allargando a vista d’occhio. < Bob dobbiamo filare da qui > disse Andrew, ma fu subito colpito da un violento attacco di tosse che lo costrinse ad appoggiarsi alla carrozzeria. Si toccò le costole della parte sinistra del torace e una fitta gli tolse il fiato: tre costole erano incrinate, forse rotte. Prese O’Malley per le spalle e lo tirò fuori dalle lamiere di peso < Ce la fai a camminare, Robert? > Il vecchio rispose con un grugnito, era chiaro che le sue condizioni erano gravi. Si era rotto una caviglia e slogato una spalla nell’incidente, mentre i colpi di fucile lo avevano ferito superficialmente all’addome. < Non ti preoccupare, ti sorreggo io > disse Andrew cingendosi il braccio dell’uomo intorno al collo. Arrancarono fino a una delle macchine che si erano fermate per prestare soccorso ed Andrew adagiò il compagno ferito sui sedili posteriori, dopodiché tornò indietro in cerca di Polanski, ma fu del tutto inutile: il polacco era riverso sull’asfalto in un bagno di sangue con il cranio sfondato.
     
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  4. Orionenero
     
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    "L'orrore totale possiede la misericordiosa facoltà di paralizzare la memoria"
    Di colpo Asher ricordò tutto, ogni cosa. Non osò aprire gli occhi. Si tastò le membra e le trovò tutte benché fasciate. Provò a pensare e vide che i pensieri erano coerenti a se stessi. Mosse la lingua e ne ottenne un suono. Poi aprì gli occhi: luce, candore, corpi stesi e lenzuola odori nuovi... l'ospedale di Chicago.
    Furono giorni in bianco e nero per Asher. Tutto all'esterno gli appariva ovattato ed immerso nella candida luce che entrava dai finestroni giganteschi dell'ospedale.
    al suo interno tuttavia Asher aveva spalancato una voragine verso l'abisso. Era come fissare l'enorme spazio cosmico con un telescopio, ci si sente piccoli ed insignificanti, solo che Asher non stata fissando verso l'alto ma verso il basso e il telescopio non era puntato verso il cosmo ma verso l'inferno.
    "Se guarderai a lungo nell'abisso, anche l'abisso vorrà guardare in te."
    Dopo qualche giorno in terapia arrivò sia la Polizia che il nuovo corpo per le investigazioni federali la tanto chiacchierata FBI. Fu tempestato di domande con argomenti e modi non sempre piacevoli, domande alla quale poco o nulla poteva rispondere. Fu interrogato decine di volte. Asher ripeteva, ripeteva, ripeteva "ripetere monotonamente parole comuni sinchè il loro suono cessava di rappresentare alla mente un'idea" Come un fulmine a ciel sereno la sua mente fu attraversata durante uno dei soliti interrogatori da queste parole. Edgar Allan Poe, Berenice, forse.
    L'unica nota positiva consisteva nel fatto che la polizia era riuscita a non far trapelare nulla circa la sua vicenda sui giornali. Poteva quindi essere ragionevolmente sicuro che la mafia non lo avrebbe cercato.
    Quando era solo Asher rifletteva, quell'idea lo ossessionava. Davvero quel Lovecraft era un profeta? O un qualche genere di stregone alla stregua di Nostradamus? Come poteva coincidere tutto così alla perfezione? E come mai ora quelle frasi continuavano a balenare nella sua testa? Non erano ricordi o pensieri ma voci. Voci da dentro che gli suggerivano quelle parole lette e dimenticate nel tempo. Un mostro, forse di quelli irrazionali di cui hai paura da bambino, una sorta di commentatore in attesa negli angoli del suo cervello che dopo quei terribili eventi era tornato a destarsi e a tormentarlo.
    Tornò a casa alcuni giorni dopo, non aveva scritto nulla hai suoi genitori lontani per non preoccuparli e così decise di continuare a fare. Prima di tornare a casa passò per la centrale di polizia dove riebbe alcune delle sue cose che erano state trattenute per analisi, poi prese un taxi, era sera quando raggiunse il 2122 di North Clark Street. I padroni dello stabile dovevano aver fatto pulizia e rimesso in ordine, avevano persino cambiato lo specchio. "Devo assolutamente ringraziarli domani, quelle care persone" pensò Asher. Si chiuse dentro casa e si sdraiò a pensare.
    "Come poteva essere possibile? Era forse eresia?" Asher prese la Tanakh e decise di leggerla per distendere la mente, doveva scacciare quel demonio dal suo cervello. Quel Lovecraft non era un maestro ma un demonio incarnato. Asher amava i racconti del terrore e voleva scriverne egli stesso, per quel motivo si era accostato a quell'insolito scrittore, per apprendere uno stile nuovo, diverso e potente. Ma quel maestro si era rivelato davvero un pericolo per se stesso la sua mente, e la sua anima. Svolse la Tanakh (La Torah nella sua forma scritta ossia i primi 5 libri sacri della Bibbia noti anche come Pentateuco nella religione Cristiana) e iniziò a leggere e meditare. Fu il salmo 119 il primo che lesse:
    "Se la tua legge non fosse la mia delizia,
    davvero morirei nella mia miseria.
    Mai dimenticherò i tuoi precetti,
    perché con essi tu mi fai vivere
    Io sono tuo: salvami,
    perché ho ricercato i tuoi precetti.
    I malvagi sperano di rovinarmi;
    io presto attenzione ai tuoi insegnamenti.
    Di ogni cosa perfetta ho visto il confine"
    Bastò questa sola ultima frase a risvegliare in Asher quel sentimento di smarrimento e terrore che lo pervadeva, andò oltre pensando "Bell'insegnante che ho cercato, sia maledetto quel Lovecraft altro che insegnante di racconti, quel folle demente"
    riprese la lettura poco sotto "
    "Chi è veramente sapiente? Chi impara da ogni uomo; secondo quanto è stato detto: 'da tutti coloro che mi insegnarono io mi sono istruito'"
    Asher rovesciò gli occhi, chinò il capo e prese la testa tra le mani. Urlò "No!" Urlò "Non qui, non tra le parole di Dio! Lovecraft maledetto insegnate io non mi voglio istruire presso di te! Demone sei tu tanto forte da insinuarti nella mia mente anche qui?" Si alzò ma ricadde con un tonfo che gli tolse il respiro. Rimase sul pavimento raggomitolato mentre veniva tempestato dal suo demone che nella testa urlava:
    "Esistono sicuramente altri mondi oltre a questo, altri pensieri oltre i pensieri della moltitudine, altre riflessioni oltre le riflessioni del filosofo."
    "Cosa posso fare? Come posso farti tacere mostro schifoso? Come?"
    "Allora penetrò furtivo nella mia mente, simile a un caldo accordo musicale, il pensiero di quanta ineffabile dolcezza sarebbe stato il riposo nella tomba"
    "Vuoi che mi ammazzi? Dillo chiaramente vuoi che mi ammazzi?"
    "Esiste allora una diabolica provvidenza che prepara l'infelicità nella culla, che getta premeditatamente esseri angelici ricchi d'intelligenza in ambienti ostili, come martiri nel circo? Vi sono dunque delle anime sacre, votate all'altare, condannate a camminare verso la gloria e la morte, calpestando le proprie macerie? L'incubo delle tenebre stringerà in una morsa eterna queste anime elette? Inutilmente si dibattono, inutilmente si addentrano nel mondo, ai suoi fini ultimi, agli stratagemmi; perfezioneranno la loro prudenza, sprangheranno tutte le uscite, barricheranno le loro finestre contro i proiettili del caso; ma il diavolo entrerà nella serratura: una perfetta virtù sarà il loro tallone d'Achille, una qualità superiore il germe della loro dannazione."
    "Taci demone! Taci! Non avrai la mia anima! Cosa sei? Cosa sei in nome di Dio Onnipotente parla!"
    "Che cosa sia, Dio solo lo sa. In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo; non è il frutto dei pianeti o dei soli che splendono nei telescopi, non è un soffio dei cieli di cui i nostri astronomi misurano i moti e le dimensioni era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo."
    "Taci maledetto mostro taci! Non mi importa di quale colore tu sia o da quale spazio tu sia venuto"
    Era quasi notte, Asher non riusciva a pensare o a dormire. Si avvicinò alla finestra e la aprì per fare entrare un pò dell'aria notturna, si senti meglio.
    Non poteva continuare così, stava accadendo qualche cosa, aveva intravisto qualche cosa che gli altri non vedevano. Tutto era partito da quella formula assurda.
    "Non può trattarsi solo di paranoia? O nervosismo? Sono sempre stato molto sensibile e nervoso fin da bambino... si è vero" Pensò Asher.
    "È la verità! Sono nervoso, sono stato e sono molto, molto, terribilmente nervoso; ma perché volete dire che sono un pazzo? Il male ha affinato i miei sensi, non distrutti, non annientati. Più di chiunque altro avevo avuto acuto il senso dell'udito. Ho ascoltato tutte le voci del cielo e della terra. Molte ne ho intese dall'inferno."
    "Di nuovo una frase non mia. Sta accadendo qualche cosa..." Pensò. "Devo capire cosa" I pensieri stavano tornando più calmi e coerenti ed un progetto iniziava a prendere forma nella mente del giovane.
    Non riuscì a finire di pensarlo, neppure a raggiungere il letto: rimase sul pavimento e li si addormentò

    Edited by Orionenero - 9/9/2013, 15:52
     
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  5. Orionenero
     
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    User deleted


    Se non lo ritenete attinente con la storia lo cancello


    Dormiva Asher...
    Come si è coscienti di se stessi mentre si dorme?
    Se ne è coscienti solo se qualcuno ci fissa e ci sussurra che stiamo dormendo in modo tanto flebile però da non svegliarci.

    Cosa ti fissa Asher?


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    Che cosa ti fissa?



    Cosa giace nelle recondite profondità della tua mente? Cosa hai acceso comprendendo quanto vasto e nero sia il cosmo?
    Un demone che era morto, ha vinto la morte e si è svegliato nella tua mente?

    "La mayyitan ma qadirun yatabaqa sarmadi
    fa itha yaji ash-shuthath al-mautu qad yantahi."
    "Cosa significa?" Sognò Asher "Non è inglese ne francese ne la mia lingua natia"

    Che cosa mi fissa?


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    Che cosa mi fissa?



    "Cosa giace nelle recondite profondità della mia mente? Cosa ho acceso comprendendo quanto vasto e nero sia il cosmo?
    Un demone che era morto, ha vinto la morte e si è svegliato nella mia mente?"

    Le parole giunsero alla mente del giovane acquistando senso
    "Is not dead which can eternal lie, and with strange aeons even death may die."
    "Non è morto ciò che in eterno può attendere e con il volgere di strani eoni anche la morte può morire"

    "Era già vecchia quando Babele l'antica sorgeva;
    e non si sa quanto a lungo ha dormito nel cuore del colle
    ove i nostri picconi insistenti frugando le zolle,
    i suoi blocchi di pietra portarono a luce primeva.
    V'erano grandi locali e ciclopiche mura
    e lastre spaccate e statue scolpite
    di esseri ignoti vissuti in ere perdute,
    di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora.
    Poi trovammo quei gradini di pietra gettati
    verso un antro sbarrato da una lastra assai forte
    che forse serrava un oscuro rifugio di morte
    dove eran racchiusi antichi segreti e graffiti.
    La strada ci aprimmo... ma atterriti dovemmo fuggire
    quando udimmo dal basso quei passi pesanti salire "

    Vide un demone sorgere dagli infiniti abissi spaziali per ghermirlo
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    e vide se stesso in marcia infinita verso le porte dei bastioni di R'lyeh



    Asher si sveglio di colpo. Madido di sudore. Un sogno. Si lo sapeva, era stato il sogno a dirglielo.
    Capì cosa doveva fare, capì che lo aveva deciso già sa sera precedente. Sarebbe andato a Providence a parlare con il signor Lovecraft
     
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4 replies since 20/8/2013, 16:47   122 views
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